2014. Esce Nymphomaniac di Lars Von Trier.
2011. Esce Guilty of Romance di Sion Sono.
Due film molto diversi, due registi molto distanti, sia geograficamente che artisticamente. Ma, comunque, profondamente connessi. Entrambe le opere hanno il sesso come elemento narrativo principale e in entrambe le opere vediamo una rappresentazione della realtà estremamente cupa, senza speranza, un tunnel senza luci, solo oscurità.
Guilty of Romance, come Nymphomaniac, è una storia di autodistruzione, di totale disgusto per il genere umano, ritratto come un ammasso di approfittatori senza scrupoli dei quali non ci si può fidare, pena il tradimento e la sofferenza. Izumi è la moglie di un famoso scrittore di romanzi dalla forte componente erotica e passa le sue giornate chiusa in casa, a tenerla perfettamente in ordine per soddisfare la maniacalità del marito per la precisione. Un giorno, per abbandonare la monotonia della sua quotidianità, decide di cercare lavoro, con il benestare dell’uomo, e inizia a vendere salsicce in un supermercato, fino a quando viene notata da una manager, che le propone un lavoro come modella. Izumi, titubante, accetta ed inizia a posare per delle foto sexy. Tuttavia, il set su cui si ritrova si tramuta ben presto nel luogo delle riprese di un film hard. A poco a poco perde la sua pudicizia, completamente annullata dall’incontro con Mitsuko, una professoressa universitaria di letteratura che, di notte, si trasforma in prostituta, la quale condurrà Izumi nel tetro abisso della prostituzione e del degrado sessuale.

Sion Sono non è nuovo a film disturbanti e controversi. Anzi, questo è proprio il principale motivo della sua fama (si pensi al suo capolavoro, Strange Circus). E in questo film non rinuncia a questo suo animo, riducendo, però, l’aspetto violento del film. Il sangue è ridotto al minimo, principalmente nelle parti dedicate alla detective Kazuko, che investiga sul misterioso omicidio di una donna il cui cadavere presenta numerosi parti anatomiche asportate e viene ritrovato “cucito” insieme a due diversi manichini. Guilty of Romance non vuole fare della violenza visiva il suo punto forte. Guilty of Romance vuole annichilire la fiducia nell’umanità dello spettatore. Proprio come farà tre anni più tardi Lars Von Trier. Il sesso, nel film di Sono, non è uno strumento di piacere ma l’arma che le donne giapponesi hanno per riappropriarsi della libertà e del potere che la società nipponica, ben nota per il suo profondissimo maschilismo, ha tolto loro. La prostituzione, nell’universo del film, è il modo in cui la donna può dominare sull’uomo. È la donna a fare il prezzo, è la donna a minacciare l’uomo qualora questi non voglia pagare. Izumi, quando ancora è casalinga, è succube del marito, con il quale non ha alcun tipo di rapporto sessuale (dettaglio da non trascurare); quando, invece, prenderà in mano le redini della propria femminilità e del proprio corpo, assume una sicurezza in sé stessa che non aveva mai avuto, tanto che l’insonnia che la tormentava, finalmente, la abbandona. Izumi, pur mantenendo intatta la fragilità che è propria della sua psiche, diventa più forte.
Izumi, come la Joe di Nymphomaniac, cade in una spirale di desolazione e sofferenza, raggiungendo le profondità più torbide e oscure di quell’Inferno comunemente noto come “società”. Izumi diventa una prostituta che si svende (“Approfittate dello sconto: da 50 dollari scendo a 30, non è conveniente? Mi potete scopare per 10 dollari!”), risultando un essere al limite dello squallido, in una scena straordinariamente imbarazzante, in senso cupamente positivo. La sua ricerca della libertà si traduce in un percorso autodistruttivo illuminato solo dai neon dei quartieri dei “love hotels”, colori acidi che illuminano i volti di Izumi e Mitsuko mentre vivono le loro degradanti avventure notturne. Tutto il film ruota attorno al contrasto tra la pulizia e la luminosità diurna delle scene in cui le due donne non assecondano il loro lato oscuro e la cupezza devastante delle indagini della detective Kazuko e della prostituzione.

Guilty of Romance è un film che, per essere assaporato appieno, deve essere visto nella sua versione uncut, mezz’ora più lunga di quella distribuita nei cinema all’epoca della sua uscita nelle sale. In quest’ultima, infatti, il personaggio di Kazuko viene quasi del tutto eliminato, relegandolo a qualche parentesi per tenere insieme le varie scene di Izumi e Mitsuko, privando lo spettatore di poter gustare del bellissimo approfondimento psicologico della detective, una donna che, come le altre due, è una medaglia a due facce e che nasconde, proprio come loro, dei segreti. Inutile discutere della qualità tecnica del film, Sion Sono sa alla perfezione come girare un’opera cinematografia di forte impatto, grazie anche al meraviglioso utilizzo che fa del digitale.