Nel 2010 il maestro Takeshi Kitano, dopo una serie di tre film che hanno fatto discutere non poco, la cosiddetta “Trilogia del suicidio artistico”, torna ad un cinema d’intrattenimento, affrontando nuovamente un genere che, probabilmente, ha aiutato il regista in questione (ma anche il cinema giapponese in generale) a diffondersi in Occidente: lo yakuza movie. Outrage è un ottimo film d’intrattenimento, contiene tutte le caratteristiche che hanno reso il cinema di Kitano uno dei più riconoscibili e apprezzati tra quelli giapponesi.
Otomo (Beat Takeshi) è un membro della famiglia yakuza Ikemoto, alleata con i Murase (i due capi famiglia sono fratelli), fino a quando un “incidente diplomatico” causa una faida tra le due famiglie. Ha così inizio un escalation di violenza e sangue, tra menzogne e tradimenti. Se in altri yakuza movie kitaniani il protagonista, pur essendo un antieroe, manteneva nel suo animo oscuro degli angoli di luce, in Outrage Otomo è un personaggio al 100% negativo. Ad esempio, il protagonista di Hana-bi, Nishi, è un ex poliziotto che ha un debito con la yakuza e decide di rapinare una banca per poter scappare con la moglie malata di leucemia e passare con lei gli ultimi giorni della sua vita. Pur compiendo gesta antieroiche, il suo intento è, in qualche modo, eroico. Alle azioni di Otomo, invece, mancano le buone intenzioni: lui è uno spietato gangster che uccide come se fosse un automa. È un uomo che fa ancora affidamento ad un vecchio codice di valori ormai decaduto, finito nel dimenticatoio di un mondo nichilista.

Gli occhi di Kitano sono vuoti, non lasciano trasparire alcuna emozione, se non indifferenza e disgusto. Il suo sguardo non sembra essere quello di un umano, specialmente quando deve uccidere qualcuno. Il mondo catturato dalla macchina da presa del regista è cupo, senza speranza e senza fiducia. Le luci presenti non servono per illuminare il mondo ma per creare nuove ombre e per rendere più nere quelle già esistenti. La violenza in Outrage perde il valore estetico che aveva in altri film di Kitano ma diventa un semplice atto di gelida cattiveria, svuotato di qualsiasi carattere artistico che è proprio di molta della violenza cinematografica.
La regia lavora per rimozione, Kitano esegue un elegantissimo labor limae e mette in scena delle sequenze girate spesso e volentieri con pochissime inquadrature, assemblate in un puzzle meraviglioso per mezzo del montaggio curato dallo stesso regista, che ha anche scritto la sceneggiatura. Il film si regge su dialoghi e azione che riescono a far passare i 100 minuti circa di durata piuttosto rapidamente. Sicuramente non è il miglior film di Kitano né il miglior film di gangster (tanto per fare un esempio, Election di Johnnie To, di cui potete leggere la recensione qui su jamovie cliccando su questo link, è un gradino sopra Outrage) ma riesce a fare quello che deve fare alla perfezione, ovvero intrattiene e coinvolge lo spettatore.