Puntuale come ogni anno ecco uscire l’ultimo film di Woody Allen. Nell’ultimo decennio il grande Woody ha alternato opere di un certo spessore, dalle eccezionali tragedie di “Match Point” (il suo lavoro migliore dagli anni 2000 a questa parte) e “Blue Jasmine” al delizioso metafisico “Midnight in Paris”, ad altre più o meno inutili. “Magic in the Moonlight”, sua ultima fatica, appartiene ahimè a questa seconda categoria. È la conferma che ogni tanto anche il genio di Woody Allen si addormenta e con lui forse, anche qualche spettatore in sala.
Siamo negli anni 20 in Costa Azzurra, protagonista della vicenda è Colin Firth illusionista di professione, scettico e alquanto razionale, nutre una forte avversione verso i ciarlatani che manifestano doti da medium.
Il suo compito è quello di smascherare una sedicente chiaroveggente che ha il grazioso volto di Emma Stone. Forte delle sue certezze il protagonista sarà costretto a ravvedersi di fronte alle abilità della giovane. Ma sarà veramente magia?

Il tema centrale del film è ben noto ai cultori del suo cinema: la dicotomia fra razionale e irrazionale, fede e ateismo, realismo e magia. Allen l’ha sempre rappresentato, solo che una volta i colori di questo conflitto erano vivi e sgargianti, qui sono alquanto sbiaditi.
Ci sono scene divertenti, battute qua e la che non possono non far ridere… C’è un lavoro di produzione, di scenografia, di costumi non indifferente, c’è la colonna sonora che ti aspetti, ma è davvero troppo troppo poco… E peccato sia venuto dopo Blue Jasmine.