Prendete uno dei tanti capolavori Carpenteriani, in questo caso “Distretto 13 : le brigate della morte”. Lasciate adesso la violenza, anche se finalizzata ad altro, l’elemento dell’assedio, l’ambientazione, quella di un piccolo distretto di polizia, in un piccolo paese dimenticato da tutti e da Dio, e metteteci dentro non una gang di violenti delinquenti ma due poliziotti (amanti tra l’altro) che non sanno cosa sia il codice etico e professionale, una nuova poliziotta trasferita da non si sa dove che ha tanta voglia di crescere ma è ancora un po’ inesperta, con un vissuto familiare difficile (non vi sveliamo perchè), un sergente che non ha tutte le rotelle apposto, un ragazzo appena arrestato per un presunto incidente stradale, e uno strano tipo.
Si, un uomo che parla poco, che nelle prime immagini del film vediamo arrivare dal mare, seguito da uno stormo di uccelli, corvi precisamente, il che non preannuncia già nulla di buono.

E con questi ingredienti da “Distretto 13” passiamo a “Let us prey”, film diretto da Brian O’Malley e prodotto in combo da Irlanda e Scozia, con un budget veramente veramente risicato ( il che non significa che il prodotto non sia buono ).
La protagonista è la giovane poliziotta Rachel (Pollyanna McIntosh), che arrivata nel nuovo distretto di polizia, fa la conoscenza dei due amanti Jack e Jennifer, dello strano sergente Mc Ready ed ha subito uno spinoso caso da risolvere. Pattugliando le strade di non si sa che cittòà si imbatte in un incidente, dove un giovane ha appena investito una persona che però subito dopo l’incidente è scomparsa. Rachel arresta il ragazzo, lo porta dentro, e dopo qualche ricerca l’investito si presenta in caserma : parla poco, è taciturno, si chiama Six (Liam Cunningham), e una volta messo anche lui in cella, l’uomo, comincia a manipolare le menti delle altre persone presenti nel distretto, facendoci capire che quei corvacci che gli volavano dietro all’inizio del film non erano li a caso : questo di umano ha solo il fisico. Da qui in poi, la tensione cresce fino all’esplosione finale, in un tutti contro tutti che rivela la vera identità , presente e passata di chiunque si trovi nell edificio in quel momento, compreso il Dr. Hume, giunto al commissariato per visitare il ragazzo coinvolto nell’incidente stradale.
Strizzando chiaramente l’occhio al film di Carpenter, O’ Malley riesce con un budget veramente ridotto a tirar fuori un buon horror, in cui mescola la violenza umana, con una presenza sovrannaturale che sembra venuta per mettere le cose apposto, per ripulire il mondo dalla feccia, o forse no, sta a voi capirlo, o cercare di capire. Il film ha la giusta dose di tensione, si sente che qualcosa sta per accadere, qualcosa di grosso, di grave, di violento, perchè ogni personaggio da l’idea di essere sul punto di esplodere, e Rachel , che crede nel suo lavoro, capirà ben presto quanto esso sia difficile anche in un piccolo posto dimenticato da Dio.

La componente del sovrannaturale non manca, le scene splatter si concentrano più nella seconda parte che nella prima, ma sono buone, di sangue se ne vede parecchio, ed in ottima maniera. Il finale purtroppo poteva essere gestito diversamente, e meglio, non riesce a tenere lo stesso livello delle scene precedenti e di tutto il resto del film, e non è un problema di budget, è una pura e semplice scelta sbagliata..
Le prove degli attori non sono per niente male, specie quella di Liam Cunningham e del sergente, cui da anima e corpo Douglas Russell, sufficiente ma un gradino sotto di queste quella della protagonista Pollyanna McIntosh.
Non finirà certo nella Horror hall of fame però potrebbe insegnare a noi, al nostro cinema italiano, e ancor più a chi finanzia il cinema italiano, che anche con pochi soldi (peccato che qui da noi non ne diano se non solo ai grandi nomi), si può tirare fuori un prodotto davvero interessante.