Buongiorno Davide! Con quali film e in che periodo della tua vita nasce la passione per il cinema?
Sono cresciuto in Sicilia cibandomi di fumetti, libri e film, mettendoli tutti allo stesso livello. Per me esiste prima di ogni cosa la narrazione, una bella storia da conoscere, in qualsiasi modo la si voglia raccontare. Insomma è questa la mia passione. Se parliamo di cinema, i miei maestri restano persone come Carpenter, Cronenberg, Lynch e Von Trier. Quand’ero ragazzino non c’erano internet o i dvd. La mia formazione la devo tutta a un mio vecchio amico nerd che mi riempiva di vhs introvabili. E alla trasmissione “Fuori orario” di Enrico Ghezzi che ogni notte su Rai Tre passava film assurdi altrimenti inarrivabili.
Prima di scrivere per tv e cinema sei stato un critico cinematografico. Ci puoi parlare di questa tua attività?
Amando la scrittura in ogni sua forma, sono finito prima all’università dove mi sonoaureato appunto in lettere. E poi presso diverse testate giornalistiche regionali, sia cartacee sia televisive, dove ho iniziato come cronista. Avevo una mia rubrica di critica cinematografica all’interno del tg quotidiano. Scrivevo il pezzo, registravo l’audio e montavo il video al computer. Avevo tutta la libertà che desideravo, ma non era il lavoro adatto a me. Sì, era bello andare ai festival, intervistare i miei miti e studiare il linguaggio che si cela dietro a un film Dopo un paio d’anni ho cominciato a sentire la necessità di una scrittura meno ripetitiva e più creativa. Così ho mollato tutto e sono partito per Roma, dove ho proseguito gli studi in sceneggiatura alla NUCT di Cinecittà e a Script in Rai. Trovo che il mestiere del giornalista sia nobile e importante quanto l’informazione che dovrebbe fare. Ormai pero’ è una gara a chi la spara più grossa nei titoli senza badare alla verità. Quindi, l’anno scorso, non sentendomi più rappresentato dalla categoria, ho restituito il tesserino all’albo.
Ci racconti della tua attività di autore televisivo?
Se per il cinema ho scritto lungometraggi principalmente indipendenti, anche se poi sono stati tutti distribuiti, per la televisione ho avuto subito la fortuna di lavorare con network importanti, sia in Italia sia all’estero. Ho iniziato come collaboratore ai testi, per passare a direttore casting e finire ad autore per Mediaset. Stiamo parlando di intrattenimento, non di fiction. Niente di quello che ho fatto in tutta la mia vita è stato impegnativo quanto contribuire a mettere su una trasmissione TV. Ne ricordo una dove per mesi sono stato rintanato a scrivere le puntate. E altri mesi li ho passati a girarle al freddo e sotto la pioggia per 16 ore al giorno. E non parliamo delle notti trascorse in montaggio.
Insomma, lo stress e le pressioni in TV sono enormi, più che nel cinema per quanto mi riguarda, e non solo per i grandi professionisti con cui ti relazioni ma per i tempi strettissimi e i molti soldi che ci sono in ballo. Devo dire però che lavorarci mi ha insegnato tantissimo, sono cresciuto sia professionalmente sia umanamente. Quando ho l’occasione ritorno in TV con vero piacere.
Sei un artista poliedrico, sei pure un romanziere! Non ti fai mancare nulla!
Come ti dicevo, purché si racconti una storia per me va bene. E devo dire che i miei libri sono i prodotti che a oggi più mi rappresentano, almeno tra quelli già realizzati. Finora me ne sono stati pubblicati due “Se solo mia madre sapesse” edito da Boopen Led, una casa editrice di Napoli. E “Tu” edito da Inkwell ma distribuito da Mondadori. Due romanzi di narrativa che ho cercato di scrivere con una struttura cinematografica e uno stile visivo, limitando al massimo descrizioni e digressioni.
Non sono storie autobiografiche ma ovviamente c’è tanto di me dentro, come tutto quel che scrivo, se non in termini di argomento almeno tematici. Ho da poco ultimato un nuovo libro, scritto a quattro mani, e che nasce da un’idea per serie tv. Al contrario degli altri due romanzi, questo è un thriller. E devo dire che l’esperienza è stata così esaltante che penso che da oggi in poi, finché posso e finché me lo permetteranno, tenterò di scrivere più thriller, anche per il cinema.
Passando alla tua attività di sceneggiatore per il cinema, che interessa maggiormente a Jamovie, nel 2007 partecipi alla stesura della sceneggiatura di CANNIBAL 2, sequel del cult di Ruggero Deodato CANNIBAL HOLOCAUST. Il progetto però non fu mai realizzato
Con Ruggero ci conosciamo da 20 anni. Mi contattò lui dopo aver letto su internet una mia recensione che parlava di The blair witch project e che, ovviamente, chiamava in causa Cannibal holocaust. A lui devo tantissimo. Quando sono venuto a Roma, mi ha portato sul set e mi ha dato fiducia coinvolgendomi nella scrittura di Cannibal 2.
Una storia che indagava anche più a fondo dell’originale sull’ossessione di voler sempre documentare e filmare la verità a ogni costo, fino a pagarne amare conseguenze. Oggi quella sceneggiatura è morta e sepolta. Infatti Ruggero ha in mente di realizzare un nuovo Cannibal partendo da un altro soggetto che io ho avuto il privilegio di leggere e che trovo davvero interessante. Spero riesca a realizzarlo. Insieme abbiamo portato avanti altre cose, ma nulla che si sia ancora realizzato. Personalmente l’ho coinvolto come attore in due film che ho scritto, Nero Infinito e Lilith’s Hell, ed è stato un grande!!!
Nel 2012 sei soggettista e sceneggiatore di NERO INFINITO di Giorgio Bruno. E’ questo il tuo esordio ufficiale nel cinema?
Sì, esordio anche come attore, visto che mancava un rapinatore da ammazzare durante la scena della sparatoria e indovina chi hanno chiamato? Comunque la storia che si nasconde dietro “Nero Infinito” vale la pena di essere raccontata. Quando ho conosciuto il regista lui aveva già girato il film, dall’inizio alla fine. Era rimasto chiuso in un cassetto poiché non ne era soddisfatto, e così insieme ne stavamo preparando un altro. Un giorno, però, un distributore oggi molto importante lo ha visto e ha deciso di portarlo al cinema e in dvd, ma a patto che ne rigirassimo metà. Insomma ci lanciò una sfida non da poco, delicatissima e pericolosissima. Noi abbiamo deciso di accettarla lo stesso.
Io avrei destrutturato il vecchio film, inserendo dove necessario le nuove scene da girare a discapito di quelle da eliminare. E il regista avrebbe richiamato attori e troupe sul set. Il tutto a distanza di due anni dalla prima versione. Era un’operazione chirurgica. Affinché il tutto funzionasse, infatti, tra raccordi e continuità, doveva essere girato e montato esattamente per come era scritto su carta. Ma sappiamo bene che quando il tempo è poco e il budget è ancora meno, non tutte le cose vanno per il verso giusto. Oggi mi chiedo se non sia stato un azzardo. Probabilmente, anzi sicuramente. Ma sono comunque felice di averlo fatto.
Nel 2014 collabori in fase di scrittura a PHANTASMAGORIA, horror ad episodi…
Ero già amico di Tiziano Martella, uno dei registi del progetto, ma non conoscevo ancora Domiziano Cristopharo, il quale un giorno mi chiama e mi propone la scrittura del suo episodio. Domiziano ha una poetica molto particolare ma ben precisa. Ho voluto rispettare al massimo le sue tematiche, lavorando parecchio sulla struttura della sceneggiatura per rendere una storia così estrema quanto più solida e credibile possibile. I film a episodi sono sempre controversi, specie se metti insieme teste tanto diverse tra loro, ma ho letto recensioni interessanti un po’ ovunque. Questo mi ha capire che quel film ha sicuramente del buono. Considera che è un prodotto che vuole fare horror evitando i meccanismi del cinema internazionale contemporaneo per seguire quelli dei maestri italiani degli anni 70.
L’anno dopo lavori per LILITH’S HELL di Vincenzo Petrarolo. Che tipo di esperienza è stata?
Un giorno mi contatta il regista e mi chiede di revisionare una sceneggiatura thriller-horror. A mio parere la storia era da riscrivere e io a quei tempi non avevo tanto tempo da dedicargli. Lui mi fa capire che è aperto a leggere altri script, ma il produttore vuole che ci sia un’unica ambientazione. Io avevo una vecchia sceneggiatura horror che da anni tenevo in un cassetto, e che era da girare tutta in una casa. Lui la legge, gli piace e, dopo alcune modifiche, decidiamo di partire.
Vengo scelto anche come aiutoregista, così mi occupo di mettere su gran parte della troupe e del cast. Nel cast, come ti dicevo , c’era anche Ruggero Deodato nella parte di se stesso. “Lilith’s Hell” è infatti un mockumentary che nasce come tributo alla realismo di Cannibal Holocaust per sfociare subito dopo nello spiritismo. Ci si domanda se l’esorcismo a cui assistiamo sia solo frutto della mente malata di una ragazza. O se invece lei sia davvero indemoniata. Inoltre ho scelto un demone come Lilith, simbolo della rivoluzione femminile, per giocare sul conflitto tra i sessi tipico dei film di genere. Non so quanto di tutto questo sia venuto fuori nel film finito, secondo me più action che non d’atmosfera per come lo avevo pensato. Ma ogni regista ha la sua visione e a noi sceneggiatori non resta che affidarci.
Nel 2016 sei soggettista e sceneggiatore del cortometraggio SKIN
Non sono mai stato un grande fan dei cortometraggi, e ho sempre evitato di farli e di guardali. Li trovo poco stimolanti sia per uno sceneggiatore che per un regista. Nel caso della scrittura non hai il tempo di costruire un bel niente, e riguardo la messa in scena non è muovendo la macchina da presa che dimostri se sei bravo o no. Una buona narrazione ha bisogno di tempo, di costruire conflitti e articolarli con cura. Non di stupire con una bella idea figa in 10 minuti. Con lo stesso metro, nella letteratura, non sono un amante dei racconti ma solo dei romanzi. Detto ciò, ogni anno nel mondo c’è questo concorso, il 48 hour film project. Devi ideare, scrivere, girare, montare un corto in sole 48 ore seguendo alcune linee narrative che ti vengono fornite. Mi sembrava stimolante sfidare la mia creatività in così poco tempo e con tutti quei limiti imposti. Così, quando me l’hanno proposto, ho accettato. Tutti noi abbiamo lavorato giorno e notte per l’intero weekend. Un vero massacro, ma è stata una bella esperienza tra amici.
Sempre l’anno scorso hai lavorato ad ALMOST DEAD, un ottimo horror purtroppo ancora inedito. Una sceneggiatura per certi aspetti davvero originale quella di ALMOST DEAD!
Grazie per le tue parole, anche a nome di tutti gli sceneggiatori che spesso vengono dimenticati sia dal pubblico sia dalla critica. Riguardo Almost Dead, il regista mi ha chiamato in corsa quando già esisteva una primissima stesura di 50 pagine. Io ho chiacchierato a lungo con lui e con l’altro sceneggiatore, cercando di compredere al meglio le loro esigenze. Dopodiché mi sono chiuso in casa per più di un mese e ho riscritto il tutto lavorando molto sul personaggio e inserendo nuove soluzioni.
Devo ammettere che il mio lavoro è stato rispettato più che in altri film precedenti. La produzione mi ha anche voluto sul set per fare in modo che, in caso di imprevisti, fossi stato lì per proporre alternative coerenti. Mi è stato anche chiesto di seguire il montaggio in fase di final cut, e così è stato. Anche se poi il film sia stato ulteriormente rimontato e doppiato seguendo linee un po’ diverse. Riguardo al fatto che sia inedito, è solo perché è stato ultimato da poco ed è ancora in giro per i festival. E’ già stato acquitato da una casa di distribuzione internazionale.
Quali sono gli horror che hai apprezzato di più negli ultimi anni?
Per quanto riguarda i mainstream: “Insidious” di James Wan, “Babadook” di Jennifer Kent, “It Follows” di David Robert Mitchell, anche se quest’ultimo si perde nel finale. Riguardo invece la mia parte malata e indipendente: “A Serbian Film” di Srđan Spasojević, “The Human centipede 2” di Tom Six, “Martyrs” di Pascal Laugier, “Calvaire” di Fabrice Du Welz. Per ciò che riguarda l’Italia, se me lo passi come horror, trovo che “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone sia straordinario. Mi ha trascinato in una dimensione di puro cinema di genere dove, cosa che non si succede quasi mai, ho potuto abbandonarmi completamente alle emozioni.
A quali progetti in campo cinematografico stai lavorando in questo periodo?
Oltre al mio lato oscuro da horror e thriller, ho anche una luce che brilla da commedia. Ne ho scritte diverse, anche su commissione, ma realizzarle sono più complesse e dispendiose che non un horror in inglese da distribuire all’estero. E poiché ho deciso finalmente di muovermi per esordire alla regia, ho scelto di tentare con una commedia brillante. Al massimo potrei pensare di dirigere un dramma minimale alla fratelli Dardenne. Ma non credo esordirei mai con un horror, preferisco che resti solo una mia valvola di sfogo da spettatore appassionato. Il mio amore più grande resta comunque la fantascienza, ma quella per adesso è un sogno, almeno qui da noi.