Buongiorno Davide! Con quali film è cominciata la tua passione per il genere horror?
Sono cresciuto col cinema horror. Fin da piccolo guardavo ogni tipo di film dell’orrore che davano alla tv. Gran parte di questi tramite la vecchia tv in bianco e nero di mia nonna. Ricordo ancora i primi film horror che ho visto: Frustrazione, Creepshow, Una notte al cimitero, Ghoulies e La casa. Odeon tv era il mio canale di riferimento! Poi non ti dico quando ho scoperto Zio Tibia, aspettavo solo che venisse il venerdì sera per gustarmi la serata su Italia1.
Passavo ore davanti agli scaffali delle videocassette horror. Una volta al mese me ne facevo noleggiare uno di quelli vietati ai 14, dai miei genitori. Dico ciò perché una volta al mese, andavamo a trovare mia zia in Svizzera, e lei aveva il (per me era un’occasione fantastica). Il mio primo vcr l’ho ricevuto per natale a 8 anni. Comunque i film che mi hanno segnato sono stati: Grosso guaio a chinatown, Il Signore del male, Evil dead 2, La Chiesa, Ghoulies, Critters, Re animator, L’occhio del gatto, Un minuto a mezzanotte. Seppur non tutti siano film di rilievo, hanno segnato in qualche modo la mia adolescenza.
Molti anni fa hai collaborato con 2 mitiche fanzine underground, Xelluloid ed Alienante. Ci puoi raccontare di questa pionieristica esperienza?
Avevo scoperto per caso queste 2 fanzine che trasudavano di passione per l’horror, scritte da veri fans del genere. Quindi da subito, contattai i rispettivi redattori. Mi proposi per scrivere recensioni ed articoli, dedicati a 2 dei miei sottogeneri preferiti, lo splatter e l’horror asiatico. In quel periodo collezionavo quantità incredibili di film, provenienti da ogni angolo del mondo. Film reperiti con molta difficoltà. Non esisteva ancora lo streaming, download, acquisti on-line, ecc. I dvd erano ancora agli inizi, si andava solo di vhs). Ricordo piacevolmente quel periodo, poiché ho conosciuto ed istaurato l’amicizia con Daniel Frevert, Matteo Palmieri e Maurizio Quarta. Amicizie che si sono prolungate per anni, e durano tutt’ora. Sono tre amici, veri appassionati di horror, come te Max del resto!
Il 2001 è l’anno del tuo esordio come regista. Giri il tuo primo cortometraggio: NUNCHAKU. E vinci subito la “Targa d’argento” all’Alienante Film Festival!
Cominciai a non accontentarmi di essere solo spettatore di cinema horror, ma studiandone sempre di più l’aspetto effettistico, decisi in qualche maniera (quasi per gioco) di girare qualche sketch, con amici. Nel 2001, sempre “per scherzo”, girai questo Nunchaku! Storia di un ragazzo talmente dedito ad imparare ad utilizzare quest’arma da finirne vittima durante l’allenamento.
Il corto soffriva di tutti i difetti possibili e comuni nei film amatoriali, ma forse proprio per questa inesperienza e soprattutto per l’involontaria comicità, riscosse simpatia tra il pubblico dell’Alienante Film Festival. Quando Matteo mi chiamò dicendomi che avevo vinto la Targa d’Argento, inizialmente gli dissi di non prendermi in giro. Eppure ebbe un buon riscontro, a volte non mi capacito ancora di come fosse stato possibile!
Nello stesso anno, correggimi se sbaglio, giri un lungometraggio, AGONIA, che purtroppo non ho ancora avuto modo di vedere…
Giusto, avevo da poco scoperto gli splatter tedeschi come Violent shit, Premutos, ecc. Volevo girare anche io uno slasher tutto mio, con tanto di killer mascherato, che uccidesse in maniera cruenta e fantasiosa. Una specie di mio omaggio a Violent shit e ovviamente a tutti i cult americani come Venerdì 13 e Halloween. Quindi, raggruppai degli amici, inventai qualche morte fuori dagli schemi, una storia di un killer resuscitato per sbaglio tramite un rito e fu così che nacque AGONIA.
L’anno dopo ti scateni con altri 2 corti: REALITY SNUFF e DELIRIUM CLOWN MASSACRE. Ce ne puoi parlare un attimo?
“Reality snuff” era ispirato da un racconto a fumetti letto sulla mitica rivista SPLATTER, lo girai con la famiglia della mia ragazza di quei tempi. La storia era molto bella e piena di equivoci, ma il risultato purtroppo non lo fu altrettanto. Delirium clown invece lo ricordo piacevolmente, come l’ennesimo tentativo (leggermente migliore di Agonia) di realizzare uno slasher. Qui un assassino, mascherato da clown, terrorizza e massacra un gruppetto di amici, durante un tranquillo week end in montagna. È da questo film che ho cominciato a calcare (seppur in maniera grezza e amatoriale) il pedale sullo splatter.
Nel 2003 continui a sfornare film. E’ il momento di ROBOT BLOOD, VILLA INFERNO e OCCHI PER NON VEDERE…
Il primo lo girai, con l’amico Marco Cinque. Lui e’ da sempre esperto di elettronica e appassionato di cinema anni 80. In quel periodo aveva da poco costruito un vero robot ispirato al film CORTO CIRCUITO. Quando vidi questo prototipo, dissi a Marco:“hei… dobbiamo dedicare un corto trash a questo gioiellino”. E così è stato. OCCHI PER NON VEDERE invece è nato poco dopo che mi sono imbattuto nella visione della “disturbante“ serie di TRACES OF DEATH. Per chi non lo sapesse, si tratta di una collana di filmati con immagini atroci, di morti reali e nefandezze “vere” provenienti da tutto il mondo. In quel periodo era una vera palata nei denti. Quindi decisi di girare un corto dove un non vedente, dopo aver fortunatamente riacquistato la vista, si ritrova ad assistere alla visione di questo genere di filmati. La vicenda finisce in tragedia.
Tra i tanti corti girati nel biennio 2004/2005 spicca su tutti, a mio parere, MERRY NIGHTMARE CHRISTMAS, un vero gioiellino! Ci puoi parlare di come è nato questo progetto? Ha vinto un premio all’Alienante Film Festival, giusto?
Si esatto, terzo classificato all’Alienante Film Festival. Anche qui continuava la mia carrellata di omaggi “trash” ai sottogeneri horror e appunto, era giunto il turno del natale. Ho cucito una sgangherata trama dove un killer vestito da Santa Claus, proveniente da un’altra dimensione, faceva strage di vittime, per farli a pezzi e regalarne gli arti per natale, agli abitanti del suo pianeta.
In verità c’è un altro curioso progetto, relativo a quel biennio, del quale vorremmo ci parlassi: PESCA DEVE MORIRE…
Erano 3 anni che mi chiamavano all’appello al Tirrenia film festival: rassegna di corti horror, organizzata da amici e registi e per l’ennesimo anno, per cause di lavoro, dovetti rifiutare. Poco prima del festival venne a trovarmi da Roma l’amico regista Fabrizio Spurio. Decidemmo insieme di mettere in scena un cortometraggio basato proprio su di me che mi scusavo della mia mancanza al festival. E dove proprio il buon Spurio era una sorta di sicario mandato dagli organizzatori, per farmela pagare per questo smacco. Spurio è un grande amico e come me è completamente pazzo! In 3 giorni abbiamo girato “Pesca deve morire” e il suo corto “Larve”. Ci siamo divertiti un sacco !
Nel 2007, nel mare magnum dei corti horror che dirigi, spunta un altro lungometraggio, L’OMBRA DEL GUERRIERO, di genere action. Per un attimo quindi ti discosti dal genere da te tanto amato, l’horror, e cambi registro…
Oltre l’horror, adoro anche gli action anni 80 e film di arti marziali serie B e C di quel periodo. Ho voluto fare una mia versione rivisitata de Il ragazzo dal kimono d’oro e Kickboxing, il nuovo guerriero”. Quindi ho contattato il mio vecchio istruttore di karate e un amico istruttore di jet kun do. Entrambi hanno raggruppato dei loro allievi e abbiamo girato il film. Sono state realizzate riprese in moto, motoscafo, elicottero. Abbiamo girato in acqua, in mezzo alla neve e sotto la pioggia. Hanno partecipato un centinaio di persone tra attori e comparse. Lo considero il mio piccolo colossal trash, made in Valtellina! Ahahahah! C’e’ nell’aria l’idea di realizzarne un sequel, ma per c’è solo la sceneggiatura…si vedrà.
Ci racconti del videoclip che hai girato per la punk band CATTIVE ABITUDINI?
Le “Cattive abitudini”, nascono dalle ceneri di uno dei più famosi gruppi punk italiani, i veneti “Peter Punk”. Fui contattato dal cantante del gruppo, che dopo aver visto alcuni miei lavori in rete, mi chiese se ero in grado di realizzare per loro un videoclip in stile “Troma”. Fui esaltato dalla proposta e poco tempo dopo abbiamo girato a Marcon, in Veneto, il videoclip dal titolo “La stessa storia”. Una sorta di parodia degli anni 80 dove un ragazzo, dopo una sbronza, si ritrova in un universo parallelo, popolato da zombies ballerini e demoni famelici.
I ragazzi della band sono dei pazzi scatenati e per questo sono diventati degli amici, soprattutto il chitarrista/tatuatore Stefano Fabretti. E’ un super appassionato di horror e siamo diventati grandi amici. Siamo andati pure in vacanza insieme con le nostre ragazze. Non è da escludere che collaboreremo ancora insieme!
Dal 2010 in poi, secondo il parere di molti, il tuo lavoro ha avuto un’evoluzione positiva, sia a livello di regia che di effetti speciali. La qualità dei tuoi corti in realtà migliora sensibilmente in tutti i reparti. Sono gli anni di DEATH, LIFE AND SINS e di DISCESA PER L’INFERNO, veramente ottimi…
DISCESA PER L’INFERNO è stato un mio tributo ad una puntata del serial “Twin peaks” (quella del sogno, per essere precisi). Ed e’ stato l’esordio del mio passaggio dallo splatter demenziale a quello un po’ piu’ serioso. Tale cambiamento è dovuto anche al mio gusto personale, che si è leggermente evoluto e concentrato su un genere di horror più estremo e duro, che lascia poco spazio alla comicità. Anche se mi guardo ancora più che volentieri ogni tanto qualche splatterone super ignorante. LIFE DEATH AND SINS lo considero un vero battesimo personale, e ai tempi il mio lavoro più ambizioso e personale.
Un progetto che avrei voluto girare da tempo, ma prima non c’erano le condizioni per farlo. In L.D.A.S. ho messo tutte le mie paure, ossessioni e fantasie, mettendomi a nudo e lavorando di più sugli attori che alla trama, cercando di elevare al massimo e allo stesso tempo disintegrare i personaggi del film e i loro corpi. Ho voluto rappresentare 7 peccati, visti come 7 fasi della vita, dove sessualità, sensualità e violenza la fanno da padroni. E’ uno dei lavori a cui sono più affezionato. Per la prima volta, non ho voluto rendere omaggio a niente e nessuno, solo creare (magari egoisticamente) una cosa mia e per me. Degno di nota, l’impegno di tutti gli attori, che si sono impegnati al massimo.
Nel 2013 collabori ad un documentario molto particolare, USE YOUR BODY, per il quale curi solo gli effetti speciali, se non sbaglio. Di cosa parla USE YOUR BODY? Ha avuto una distribuzione in tv o in dvd?
In realtà USE YOUR BODY, è un documentario basato sulla body modification e body art. Ideato e realizzato da me, con la forte collaboradione del “piercer” e “modifier” Bruno Valsecchi, con il quale abbiamo viaggiato molto per catturare procedure, testimonianze, interviste su questo fenomeno. Abbiamo girato un sacco, tra America, Giappone, Inghilterra, Russia, Slovenia. Stiamo raccogliendo ancora materiale, anche se con un notevole rallentamento. Di fatto abbiamo messo il progetto in stand by per concentrarci su altri lavori, per poi ritornare sul discorso, a tempo opportuno. Preciso comunque che, seppur non si tratti di un film, e anche se l’obiettivo principale è quello di creare un prodotto didattico, il documentario in questione è molto forte. Mostra molte pratiche di modifiche corporali. Impianti sottocutanei, bod suspension, modifiche genitali, asportazioni, branding, scarnificazioni, descritte in ogni dettaglio.
Il 2014 è l’anno di 17 A MEZZANOTTE, un lungometraggio corale molto controverso, che ha avuto giudizi contrastanti tra il pubblico. Hai voglia di parlarcene?
Dopo il successo del fenomeno ABC’S OF DEATH, ho pensato che era opportuno provare a realizzare una cosa simile in Italia, principalmente per rilanciare l’indie horror nostrano. E per dimostrare che l’horror c’e’ e respira anche da noi. Ho contattato 18 registi indipendenti e ho proposto a loro la mia idea. Ognuno avrebbe dovuto girare un corto “horror” dalla durata compresa tra i 3 e i 6 minuti e consegnarlo a me per una data definita, tutto li. Nonostante qualche piccolo disappunto tra alcuni partecipanti, alcune difficoltà, il progetto ha avuto luce.
Seppur ci sono degli sbalzi tra alcuni corti e altri, lo giudico comunque un film onesto e sufficientemente riuscito, che ha comunque raggiunto l’obiettivo preposto inizialmente. Ha partecipato ad alcuni importanti festival e continua ad essere visualizzato in rete. Purtroppo mettere assieme 18 teste non è facile. E anche la mia inesperienza come coordinatore forse ha contribuito a non delineare una coerenza del prodotto finito. Ma mi reputo comunque soddisfatto, e soddisfatto soprattutto di tutti i partecipanti al progetto.
Il tuo segmento, PEEP SHOW, lasciamelo dire, è un piccolo capolavoro. E a mio parere la cosa piu’ bella che hai fatto!
Ti ringrazio, mi fa piacere. È stato un po’ lo spin off di un capitolo di LIFE DEATH AND SINS, ho voluto proseguire la mia visione della bellezza e dell’insoddisfazione, dove non ci si accontenta mai e si vuole sempre di più. Questa mia ricerca e analisi sulla bellezza si è chiusa poco tempo fa con il mio ultimo lavoro, Philosophy of Beauty.
Stai lavorando ad un seguito di 17 A MEZZANOTTE?
Non so ancora se si chiamerà 17 A MEZZANOTTE 2, o semplicemente DOPO MEZZANOTTE, ma il progetto c’è, e sto valutando come svilupparlo.
Nell’anno a seguire giri il buon TASTE OF SURVIVAL, un corto post-atomico, dimostrandoti a tuo agio anche al di fuori del genere horror…
Si, mi sono discostato momentaneamente dalla mia “Trilogia” per tornare agli omaggi, e questa volta ho voluto tributare il genere postatomico italiano anni 80, mettendoci il mio solito timbro splatter. Ho avuto a disposizione una bellissima cava in mezzo al nulla e ho colto l’occasione…
Arriviamo quindi al 2016: dirigi PHILOSOPHY OF BEAUTY, corto che mi ha ricordato molto PEEP SHOW. Com’è andata?
Con questo cortometraggio ho voluto terminare la mia “trilogia sulla bellezza”. Ho cercato di alzare il tiro con la violenza e con un po’ di sensualità in più, che non guasta mai. A parte il sogno iniziale del film, dove appare nei titoli il fedele Fabio Nobili, ho realizzato un corto totalmente al femminile, basato sull’insoddisfazione, sul non accettare la vecchiaia e sull’inevitabile deturpamento del corpo.
E’ noto a tutti che da sempre, oltre ad essere regista, sei anche effettista dei tuoi prodotti. Tra le due mansioni qual‘è secondo te la piu’ faticosa? E quale dà più soddisfazioni??
Personalmente trovo entrambe le mansioni soddisfacenti e faticose in egual modo, ma su piani differenti. La regia, “personalmente”, ti permette di spaziare ed inserire parte di te e della tua fantasia in quello che metti in atto. Invece, per ciò che concerne gli effetti speciali, è più un lavoro artigianale e manuale. Anche qui però puoi sfogarti con la fantasia. Poi dipende se si tratta di realizzare un trucco per un tuo film o per un film altrui. In questo caso devi essere bravo ad entrare nella testa del regista e capire quello che vuole, e come si aspetta che venga l’effetto.
Ho notato un notevole miglioramento dei tuoi effetti speciali nel corso degli anni. Sempre autodidatta, o hai fatto qualche corso professionale?
Mi definisco un attento autodidatta. Ho sempre studiato e ammirato gli effetti degli altri film e cercato di rubarne i segreti, in maniera discreta e modesta. Ho seguito per lo più tutorial ed esempi on-line. Tutti i miei primi corti in realtà sono sempre stati pretesto per mettere in atto i miei effetti speciali, molte volte con scarso risultato. Ma ho cercato di migliorare sempre, cercando di non abbattermi, e rimediare dove peccavo.
Il tuo lavoro pero’, non tutti forse lo sanno, è quello di cameraman e documentarista. Ci puoi parlare di questa tua attività?
Fortunatamente da circa 7 anni il video making è stata la mia attività principale. Aver trasformato parte della mia passione in lavoro è un qualcosa di estremamente gratificante. Ho girato molto anche all’ estero e ho avuto la fortuna di spaziare, tra videoclip, emittenti tv e persino insegnare nelle scuole a bambini e ragazzi. Ora, da un po’ di tempo, ho anche un lavoro canonico, totalmente estraneo al cinema, e mi divido tra le due attività.
Mi piacerebbe sapere qualcosa di più su un documentario che hai girato e montato, cioè quello su Luca “Chino” Maraffio, campione paralimpico nel 2008…
Luca Maraffio è un ragazzo che ha perso l’uso delle gambe a causa di un incidente lavorativo. Dopo l’incidente Luca non si è arreso. Ha coltivato la passione per lo sport gareggiando alle paraolimpiadi e vincendo lo slalom. Mi è stato affidato il compito di realizzare un documentario su di lui da un amico giornalista, con cui avevo già realizzato un reportage in Croazia e Bosnia. E’ stata un ottima esperienza, del tutto nuova.
Le tue collaborazioni: cominciamo con LARVE di Fabrizio Spurio…
Come detto l’amico Spurio venne a trovarmi per un weekend dalle mie parti, e volle girare una sua versione personale del sequel del mio cortometraggio, RODRAN. Così mi improvvisai attore per un giorno e girammo questo corto. Essere sotto la regia di Spurio è stato divertentissimo!
Collabori anche con Stefan Marchetti per IL FUNGO SIRENA e con Maurizio Gusmeroli per TALMENTE BIANCA. Che mansioni svolgi esattamente in questi 2 progetti?
Il primo si tratta di una sorta di “Heidi” dei tempi nostri, girato nella valle in cui vivo. Girato da questo regista italo-inglese, dove ho ricoperto il ruolo di effettista e aiuto alla produzione. Invece per TALMENTE BIANCA, ho realizzato gli effetti speciali: una bruciatura sul viso “ bella strong” ed un invecchiamento.
Ti ritroviamo anche in CONNECTIONS (KOKESHI) di Paolo Del Fiol e Daniele Misischia come effettista…
In Kokeshi ci sono andato pesante! Quando mi ha contattato Paolo Del Fiol e mi ha mostrato la sceneggiatura, ho accettato subito! C’erano pugnalate nella vagina, fantasmi che fuoriuscivano dal ventre di un uomo e altre nefandezze, il mio pane insomma!! In più mi si è data la possibilità di calcare il pedale sullo splatter e il buon amico Paolo Del Fiol mi ha dato molta libertà nel realizzare i trucchi. Quindi non mi sono fatto pregare, e credo che la violenza e il gore presente in Kokeshi abbiano contribuito positivamente al risultato.
La tua collaborazione con Del Fiol continua con MOCHI, segmento del noto SANGUE MISTO. Che tipo di esperienza è stata?
Come in Kokeshi, anche qui,Paolo mi ha dato delle indicazioni. Un grazie va dato anche all’aiuto del buon Fabio Taddì. Sono andato pesante, caratterizzando le sequenze gore e rendendole più splatter e disgustose che potevo. Con Del Fiol, e Davide Scovazzo sul set ci si diverte sempre. Poi con tutto il resto del cast e crew si è instaurato un ottimo rapporto e si è lavorato serenamente e senza intoppi.
Da più di 10 anni ormai sei il frontman di una band “horror-metal”, i BLOODY MARKET…
Si, siamo nati come cover band di gruppi cardine dell’horror rock/punk e metal come: WEDNESDAY 13, ROB ZOMBIE e MISFITS, per poi dedicarci completamente a pezzi nostri. Io canto e scrivo testi, ovviamente tutti ispirati al cinema horror. Dopo 2 Ep, ci stiamo dedicando al nuovo, terzo lavoro in studio.
E’ nota la tua amicizia con un altro regista di culto della scena lombarda, Maurizio Quarta. Un giorno o l’altro collaborerete ad un progetto comune, o rimarrà sempre un sogno nel cassetto dei vostri fans?
Siamo grandi amici io e Mauri e ho molta stima per lui, lo considero un ottimo effettista (ho ancora da imparare da lui). Ha un attenzione maniacale per i suoi trucchi ed effetti, e questo è lodevole. Nonostante la distanza riusciamo a vederci un paio di volte all’anno per discutere di cinema e dei reciproci progetti. Più di una volta abbiamo progettato di collaborare a qualcosa insieme. Ma Mauri ha un’attività lavorativa che lo occupa moltissimo, lasciando poco spazio per il resto. Ma siamo entrambi convinti che prima o poi ci sarà una collaborazione.
Quali sono i film horror italiani che ti hanno colpito di più negli ultimi anni?
Ho apprezzato molto i lavori della Necrostorm, su tutti ADAM CHAPLIN! Un film molto internazionale che ha avuto il coraggio di esagerare su tutti i fronti. I miei horror Italiani preferiti però si concentrano di più sugli anni 80 e 90, diciamo sui classici. Forse l’ultimo colpo di coda per gridare al capolavoro l’ho notato vedendo l’ottimo DELLAMORTE DELLAMORE. Andando avanti sono usciti ottimi film, ma troppo pochi per poter dire che il mercato horror italiano sta bene. Direi piuttosto che sta meglio il sottobosco indipendente, che dal basso a volte riesce ad emergere. Ma le varie problematiche distributive e altri problemi del caso, ributtano tutto nel profondo, lasciando solamente il web come unico canale di promozione e distribuzione.
Nell’arco della tua carriera hai partecipato a moltissimi festivals. Pensi che i festivals siano ancora importanti per far conoscere al pubblico i film indipendenti?
Credo che i festivals siano molto importanti per far circolare i vari film e corti. Si per il pubblico, ma anche per un pubblico di addetti ai lavori, registi e produttori, che spesso sono presenti a queste “kermesse”. Spesso durante i festivals nascono ottime collaborazioni. Si ha la possibilità di mostrare le proprie opere e ricevere dei feedback sul posto, senza dover passare nel tunnel della rete e questo è un ottimo metodo di confronto.
Progetti per il futuro? C’è già in cantiere qualcosa dopo PHILOSOPHY OF BEAUTY?
Ho finito da pochissimo PHILOSOPHY OF BEAUTY. Ora voglio prendermi un po’ di tempo per fare ordine tra i vari progetti che ho in ballo. Il progetto più concreto sarà un nuovo cortometraggio che girerò fra pochi giorni. Si tratta sempre di un corto duro ed estremo, ma con un che’ di delicato e drammatico. Le tematiche sono il suicidio e l’autodistruzione, ma anche la lotta esistenziale contro l’entità negativa che risiede all’interno della protagonista. Nel marasma di projects ci sono 17 A MEZZANOTTE 2, dedicarmi nuovamente a USE YOUR BODY e cominciare a pianificare il sequel dell’OMBRA DEL GUERRIERO. Ci sono altri progetti horror, ma per ora sono troppo provvisori per poterne parlare.