Se la prima c’aveva già lasciato qualche perplessità, la seconda stagione di Outcast, ideata da colui che ci ha e ci sta deliziando con la serie The Walking Dead, Robert Kirkman, ci ha confermato, in negativo, le perplessità che avevamo.
Una serie che strizza l’occhio alle possessioni demoniache ma che non ha ancora trovato una sua strada. Così come non l’hanno ancora trovata i suoi protagonisti, che non sanno ancora chiaramente per cosa e per chi combattere, compreso il protagonista, quel Kyle Burns (Patrick Fugit) che con quegli occhi alla Schillaci è forse il primo a non aver ancora compreso dove la storia ed il suo personaggio arriveranno.

La seconda stagione di Outcast è quella che c’avvicina a questa eterna lotta tra il bene ed il male. La lotta tra i poveri credenti della cittadina di Rome e quelli che dovrebbero essere dei non meglio specificati posseduti/demoni/chi più ne ha più ne metta.
Questi ultimi sembrano essere guidati dal vecchio e malvagio Sidney (Brent Spiner) che scopriremo comunque non essere l’unico faro dei malvagi. I primi invece hanno ….. hanno…. non si capisce bene. Potrebbe essere Kyle la guida dei buoni, il reverendo Anderson (Philip Glenister), il comandante di polizia Giles (Reg E. Cathey), ma non c’è mai un faro ben preciso per quelli che dovrebbero essere i buoni in questione.

Grosso punto debole di Outcast. La mancanza di un vero leader tra le fila dei buoni e di quello che è un vero e chiaro scopo per l’intera storia.
Si intuisce solo che qualcosa sta per arrivare.
quella che nella serie viene chiamata fusione , ma non si scende poi troppo nel particolare. Rimane inizialmente anche difficile capire se ciò sia cosa buona o no per Rome e per i suoi cittadini. Molti dei personaggi principali stentano a schierarsi e a trovare il loro effettivo posto nella storia.
Alcuni rimangono completamente o quasi ai margini, mal sfruttati.
O rimangono perennemente in quel limbo tra il diventare protagonisti e rimanere nel mezzo.
Come la piccola Amber, figlia di Burns che è speciale come il padre, o forse più.
Si arriva al finale di stagione molto molto a fatica, le puntate precedenti scorrono lente, senza tanti colpi di scena ma con molti fatti non difficilmente intuibili.
Finale che lascia aperti molti discorsi non ancora chiari per un’ eventuale terza stagione.