Non capita tutti i giorni di vedere un film con un attempato gruppo di attori che possono vantarsi di ben cinque Premi Oscar (e tanti altri riconoscimenti) vinti nel corso della loro lunga e prolifica carriera.
Quindi la prima osservazione e nota di merito di questo Book Club – Tutto può succedere è quello di aver permesso al pubblico di ammirare ancora una volta, e tutti insieme, eroi ed eroine del passato cinematografico collettivo. La storia è quella di quattro splendide donne, ancora non del tutto rassegnate alla terza età. Ognuna di loro con le difficoltà nell’accettare di essere nell’inverno della propria vita, ma soprattutto nella stagione più fredda sopra e sotto le coperte. A risvegliare i loro appetiti sessuali, arriva, opportuna ed improvvisa, la lettura comune di Cinquanta sfumature di grigio e dei successivi capitoli scritti dalla scrittrice inglese E. L. James (pseudonimo di Erika Leonard).
Tra di loro quella che ha maggiore spazio narrativo e senza dubbio Diane (Diane Keaton). Rimasta vedova da un anno circa, la donna ha due figlie amorevoli (Alicia Silverstone e Katie Aselton) che la vorrebbero con loro in Arizona. Diane però (come dice proprio lei) non ha ancora finito di vivere e di sbagliare nella vita e prova a rimettersi in gioco grazie ad una love story ad alta quota con un pilota d’aerei (Andy Garcia). Vivian (Jane Fonda) è invece una ricca e vivace donna d’affari spiazzata dall’incontro con una vecchia fiamma del passato: Arthur (Don Johnson, che poi per puro caso è anche il papà di Anastasia Steele!). Quindi c’è Carol (Mary Steenburgen), l’unica sposata delle quattro, che si sforza di distrarre il marito (Craig T. Nelson) dal recente pensionamento, magari ravvivando anche la loro vita sessuale. Infine c’è Sharon (Candice Bergen), rispettato giudice federale, che si vede improvvisamente travolta dalla follia degli appuntamenti on line, mentre il suo ex marito si sta risposando con una ventenne.
Questa nobile, negli intenti, pochade farsesca, si sviluppa tra divertenti situazionismi e qualche battutina piccante, con continui doppi sensi che non sconfinano mai nel volgare.
C’è un giovane regista che sembra soffrire il rapporto reverenziale con questi mostri sacri e non riesce a dirigerli al meglio. C’è una sceneggiatura che inizia con un incipit, anzi un plot vincente e si ritrova con una seconda metà del film banale e ricco di scontati e noiosi moralismi sulla senilità. Mancano strutture coesive e raccordi tra le vicende. Alcune storie ed alcuni personaggi sono completamente sacrificati a favore di altri. Ad essere cattivi c’è anche una fotografia patinata che ricorda spot pubblicitari da Costa Crociere.